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sabato 29 novembre 2008

Dimissioni Soru: le ragioni della crisi (1)


Un'amica, estranea alle vicende politiche isolane, mi ha posto la seguente, legittima domanda: "dì un pò, cosa mi combina Soru? spero che ci ripensi. quello che non capisco è come mai la sua maggioranza non lo appoggia.. spiegami".
Dal momento che potrebbe essere un interrogativo comune ad altri lettori e lettrici di questo blog cercherò di tracciare sinteticamente il percorso che ha portato alle dimissioni dello scorso 25 novembre. Buona lettura!

Renato Soru ha rappresentato una "discontinuità positiva" (per usare le parole di un leader locale ex DS molto vicino alla corrente del PD sardo che l'altra sera ha di fatto sfiduciato il presidente) nella politica regionale e il modo in cui nacque la sua candidatura è in gran parte alla base del paradosso odierno che la domanda giustamente sottolinea.

I due cicli elettorali della "decada perdida": 1994-1999 e 1999-2004


Quando maturò in certi ambienti dei DS (Democratici di Sinistra) l'idea di candidare un "outsider" come Renato Soru alla leadership del centro-sinistra per le regionali del 2004 la Sardegna veniva da due sconcertanti cicli politici quinquennali che, se fossimo nel Sud-America degli anni '80, non esiterei a definire la "decada perdida" sarda (“il decennio perduto”, ndr).

Il primo, dal 1994 al 1999, iniziò nel segno della discontinuità rispetto alla vittoria di Forza Italia a livello nazionale e vide il centro-sinistra governare per cinque anni sotto la presidenza di Federico Palomba (ex magistrato del tribunale di Cagliari). In realtà, nonostante si aprì e chiuse con lo stesso presidente, fu una legislatura tumultuosa: il presidente era letteralmente ostaggio del consiglio regionale che, allora come in questi giorni, era dominato da notabili con un forte radicamento territoriale. Fu costretto a dare le dimissioni per ben 5 (cinque) volte! Famosissima una seduta di presentazione della ennesima giunta dove la lista degli assessori venne passata dai banchi del consiglio a quello del presidente della giunta per mezzo di un bigliettino ( è anche disponibile il filmato su youtube) portato a mano da un consigliere. I consiglieri regionali erano così forti da poter addirittura umiliare in questo modo il presidente imponendogli direttamente in aula la lista degli assessori scritta su un
foglietto!

Il secondo ciclo, iniziato nel 1999 e terminato nel 2004, nacque sotto il segno del centro-destra e, per molti aspetti, fu peggiore di quello precedente. L’instabilità determinata da una legge elettorale incapace di assegnare alla coalizione vincitrice una maggioranza autosufficiente impedì a Mauro Pili, risultato vincente, di governare dall’inizio della legislatura. Si alternarono tre presidenti in cinque anni con al principio Mario Floris, leader di un partito che aveva ottenuto solo il 4% dei voti ma che era risultato determinante per la formazione dell’esecutivo, capace di sedere per ben due volte nella poltrona più importante di via Roma. Ma l’instabilità non fu l’unico tratto caratterizzante della XII legislatura. Alcune tinte opache ne segnarono i contorni: dal Mauro Pili che copiò il programma della Regione Lombardia senza fare alcune basilari correzioni e che, nel discorso di insediamento della giunta, nominò le Alpi e altre amenità geografiche che in Sardegna non esistono, a Italo Masala che chiuse questo ciclo senza di fatto assumere nessun tipo di decisione.

I risultati economici e finanziari furono disastrosi: un'amministrazione scellerata della cosa pubblica portò ad un indebitamento spaventoso delle casse della regione che passò dai circa 400 milioni di euro del 2000 agli oltre 3 miliardi del 2004. Le leggi finanziarie non tennero contò delle previsioni delle entrate fiscali e gli inevitabili deficit di bilancio vennero finanziati con un continuo ricorso all'accensione di mutui. Una finanza pubblica molto allegra e spregiudicata che trasferì sulle generazioni future i costi di una cattiva amministrazione.

continua...le ragioni della crisi (2)




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