Buggerru, con la Laveria Lamarmora e la Galleria Henry, fu scenario delle agitazioni dei minatori che culminarono nel tragico eccidio del 4 settembre 1904 raccontato da Dessì in Paese d'ombre.
Buggerru come Montevecchio nasce e vive attorno alla miniera e ancora oggi camminare tra i viottoli e le stradine dei due borghi richiama continuamente la storia di uomini, macchine e fatica (vedi itinerario "Le miniere nell'opera di Giuseppe Dessì").
"Quando, verso le dieci, arrivarono gli operai, cominciò lo spettacolo. Erano minatori, per la maggior parte, poiché in quei giorni c'era sciopero nella miniera di Buggerru. Nessuno, a Norbio, aveva mai visto picconi maneggiati con tanta sveltezza e bravura. Sembravano ruote che girassero tagliando la roccia e la terra, facendo volare in alto scintille e schegge".
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Felice Lìttera vide chiaramente il gesto del soldato che aveva davanti, il suo teorico diretto avversario. Senza esitazione, fece roteare il martello dal lungo manico e colpì nello stesso istante che sentiva in piena faccia la vampata della fucilata, poi il buio.
Sante Follesa, con la giacca a brandelli e il volto insanguinato si avvicinò: li conosceva tutti. Fra i morti ce n'era uno bocconi, la faccia nascosta nella polvere. S'inginocchiò, cautamente lo rovesciò sul dorso e scoppiò in singhiozzi".
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Solo in Sardegna rimase senza eco, e il silenzio di Buggerru, dopo la strage, in quel triste pomeriggio di settembre, era il simbolo del silenzio di tutta l'isola nella compagine nazionale"(Giuseppe Dessì, Paese d'ombre).
(Foto: 2007 Quilmes. Monumento dello scultore Pinuccio Sciola)

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