La luce, forte – abbagliante - sicura, è ormai arrivata anche a queste latitudini (del resto era ora dopo questo lunghissimo e buio inverno, ndr) anche se e´nell’ isola che ha dato il meglio di sé. E´vero che laggiù presto lascerà lo spazio ad un sole spietato dal quale proteggersi però intanto mi ha regalato tante immagini che non dimenticherò e che in qualche modo hanno scandito le mie due settimane in Sardegna.
Prima fra tutte quella dei vagoni merci in sosta all'ingresso della stazione di Sassari: sembrava quasi di essere finito in un film Western. In un pomeriggio di aprile, dopo aver attraversato a piedi tutto il centro storico, dal Museo Sanna sino alla stazione passando per Piazza Italia, ecco rivelarsi uno scenario incredibilmente aperto e di orizzonti quasi infiniti. Le nuvole bianche e veloci, i binari bruni e arrugginiti, gli edifici sullo sfondo chiari, sinuosi e bassi con intorno brezza, silenzio e ombre. Davanti a me qualche turista con zaino e bicicletta insieme a dei viaggiatori difficilmente inquadrabili come pendolari.
Il pendolarismo richiama, infatti, immagini di movimenti urbani rapidi e veloci, con porte delle carrozze che si aprono in simultanea per fare entrare ed uscire istantaneamente decine di passeggeri, fermate brevi e frequenti in paesaggi metropolitani. Quelli di Sassari sembravano invece destinati ad un percorso lento e tortuoso in campagne dai panorami mozzafiato con falesie, nuraghi e altipiani di altri tempi e di altri spazi. Dal finestrino delle carrozze avrebbero di lì a poco visto greggi e buoi con nel mezzo una ricchissima fauna selvatica in piena attività: falchi, poiane e altri rapaci. Non importa se poi anche loro avrebbero atteso, tra telefonate e letture, di rientrare a casa dopo una lunga giornata di lavoro o di commissioni: quel paesaggio li avrebbe comunque resi più viaggiatori che pendolari.
Prima fra tutte quella dei vagoni merci in sosta all'ingresso della stazione di Sassari: sembrava quasi di essere finito in un film Western. In un pomeriggio di aprile, dopo aver attraversato a piedi tutto il centro storico, dal Museo Sanna sino alla stazione passando per Piazza Italia, ecco rivelarsi uno scenario incredibilmente aperto e di orizzonti quasi infiniti. Le nuvole bianche e veloci, i binari bruni e arrugginiti, gli edifici sullo sfondo chiari, sinuosi e bassi con intorno brezza, silenzio e ombre. Davanti a me qualche turista con zaino e bicicletta insieme a dei viaggiatori difficilmente inquadrabili come pendolari.
Il pendolarismo richiama, infatti, immagini di movimenti urbani rapidi e veloci, con porte delle carrozze che si aprono in simultanea per fare entrare ed uscire istantaneamente decine di passeggeri, fermate brevi e frequenti in paesaggi metropolitani. Quelli di Sassari sembravano invece destinati ad un percorso lento e tortuoso in campagne dai panorami mozzafiato con falesie, nuraghi e altipiani di altri tempi e di altri spazi. Dal finestrino delle carrozze avrebbero di lì a poco visto greggi e buoi con nel mezzo una ricchissima fauna selvatica in piena attività: falchi, poiane e altri rapaci. Non importa se poi anche loro avrebbero atteso, tra telefonate e letture, di rientrare a casa dopo una lunga giornata di lavoro o di commissioni: quel paesaggio li avrebbe comunque resi più viaggiatori che pendolari.
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